Poco prima dell’una di notte François Hollande sale sul palco allestito in una piazza della Bastiglia stracolma. Trentuno anni dopo François Mitterand, un socialista torna in questo stesso luogo da presidente dei francesi.
“Sono il presidente della gioventù di Francia, di tutte le fierezze della Francia, della giustizia”. Giovani e giustizia. Il programma annunciato in campagna elettorale oggi diventa la linea guida del cambiamento francese. E in questa festa per la vittoria il “presidente normale” non rinuncia a un’enfasi che lo spinge ben oltre i confini nazionali del suo successo. “In tutta Europa si annuncia il cambiamento: in tutte quelle le capitali ovunque vi siano popoli che rivolgendo lo sguardo verso di noi vogliono dire anche loro basta con l’austerità. Non siete solo un popolo, ma siete già un movimento, che forse già in tutto il mondo vuole il cambiamento”.
Obama, Merkel, Cameron: le congratulazioni degli altri grandi si susseguono. Il primo appuntamento con la cancelliera tedesca avverrà subito dopo l’ufficiale passaggio di consegne all’Eliseo, previsto per il 15 maggio. Come e fin dove arriverà il vento del cambiamento, per rivedere i vincoli del patto di stabilità, degli impegni per il rilancio della crescita, lo si vedrà presto.
È arrivata la vittoria che tutti prevedevano, salvo gli ultimi brividi per l’assottigliamento del distacco di Sarkozy annunciato dai sondaggi dell’ultim’ora. È arrivato il momento di François Hollande.
Suo padre, medico, estrema destra. Sua madre, assistente sociale, morta tre anni fa, in una delle sue ultime interviste ricorda di come François li facesse ridere quando diceva convinto “un giorno sarò presidente”. Si laurea in scienze politiche, e poi l’ENA, percorrendo la via principale di formazione della classe dirigente francese. Lì conoscerà Ségolène Royal, che diventerà la sua compagna. Insieme avranno quattro figli e insieme condurranno una carriera folgorante nel Partito Socialista francese. Entrambi consiglieri di François Mitterand all’Eliseo, poi deputati al parlamento. Rapidamente i riflettori si concentrano su Ségolène, che Lionel Jospin vorrà nel suo governo nel 1997. La carriera di Hollande prosegue all’interno del partito, con Jacques Delors prima e Jospin poi. Nel 1997, con Jacques Chirac all’Eliseo e Jospin primo ministro, nella prima coabitazione della Quinta Repubblica, è lui a prendere la guida dei socialisti francesi.
Quando nel 2002 Jospin esce di scena, fatto fuori al primo turno per la corsa all’Eliseo dall’avanzata del Front National di Jean Marie Le Pen, Hollande deve rimettere in piedi una macchina in crisi. E due anni dopo, alle regionali e alle europee, trascina il partito in una doppia vittoria. È il momento dell’onda rosa. Per Hollande sembra arrivata l’ora di candidarsi all’Eliseo, ma con il referendum del 2005 in cui la Francia prende posizione sulla nuova costituzione europea il suo appoggio al “sì” non passa. Così, per la seconda volta Ségolène Royal gli ruba la scena. La fine ufficiale della loro relazione arriva solo dopo la sconfitta della dame socialista contro Nicolas Sarkozy.
È il momento di uscire dall’ombra. Lascia la guida del partito, avvia una nuova relazione con la giornalista Valérie Trierweiler. Un cambio d’immagine significativo, più dinamico: dopo mesi passati a battere in lungo e in largo l’Esagono, nel marzo 2011 annuncia ufficialmente la sua candidatura alla Presidenza delle Repubblica.
Ciò nonostante Hollande appare ancora una volta destinato a non farcela: Dominique Strauss-Kahn è il favorito per le primarie socialiste; è considerato quasi da tutti l’unico in grado di riportare i socialisti alla guida del Paese, ed è in testa nei sondaggi. Ma l’imprevisto è dietro l’angolo: il 14 maggio Strauss-Kahn è arrestato a New York con l’accusa di aggressione a fini sessuali ai danni di una donna delle pulizie del Sofitel di Manhattan, ed è costretto a ritirarsi dalla corsa all’Eliseo. Le quotazioni di Hollande risalgono improvvisamente, ma la strada è ancora lunga, e Martine Aubry – che nel frattempo si è candidata anch’essa – sta recuperando nei sondaggi.
Stavolta gli ostacoli sulla corsa all’Eliseo sono tutti personali: le critiche alla sua “normalità”, la mancanza di esperienza internazionale. Lui però si dà da fare. Vola in Tunisia, dove Ben Ali ha da poco abbandonato il potere, e parla come se già fosse alla guida della Francia. Negli affari interni le sue proposte nette e radicali, come il progetto di riforma fiscale, lo fanno apparire più fermo e deciso agli occhi della gente. Ora è un candidato convincente, e nelle primarie di ottobre la spunta, superando la Aubry nel ballottaggio decisivo. Il resto è la storia di questi ultimi mesi.
Ma per Hollande il cammino non si è ancora concluso: il prossimo 10 e 17 giugno si voterà in Francia per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale. Il presidente spera che gli elettori vogliano consegnargli una maggioranza a lui omogenea, per poter governare con una certa tranquillità. In caso contrario sarà cohabitation, con un primo ministro dello schieramento d’opposizione, e per Hollande sarà di nuovo l’ora di mostrare alla Francia che lui, l’uomo normale, non è lì solo per una serie di fortunate circostanze.
foto: RemiJDN via flickr
Vincenzo Guerrizio